Archive for 15 Maggio 2007

Rastafasci

Maggio 15, 2007

Lasciate perdere per un attimo Fassino e i rifatevi l’indignazione con questo dibattito dei lettori di Kataweb a proposito dei versi di alcuni musicisti giamaicani sui gay. Versi belli eh, tipo brucia il frocio, non vedo i fiammiferi, porta la benzina, sventra quelle due lesbiche. Roba seria così.

Sarete sorpresi dai toni ideologici sia dei nostri “difensori” sia dei contrari. Ormai la Chiesa fa scuola: si lanciano argomenti come proiettili, non si prova nemmeno a ragionare. Andate e leggetene tutti…

p.s.

a margine da notare l’ignoranza dei molti giovanotti intervenuti, che nemmeno sanno che la Giamaica è uno dei paesi più feroci dove gli omosessuali vengono davvero bruciati vivi, picchiati e incarcerati, stuprati e torturati. Niente: il loro mito è più forte della realtà.

p.s. 2

Che poi si debba chiedere la proibizione di quei brani, è altra faccenda. Mi pare che sia sempre meglio lasciar libera anche l’espressione più ripugnante, e polemizzare duramente, che censurare. Magari prima o poi qualcuno gli traduce i testi ai nostri rasta di mammà e cominciano a pensarci.

E se al RomePride 2007 invitaste il cardinal Martini? (ovvero, del ghetto di sinistra non se ne può più)

Maggio 15, 2007

“E’ in atto un conflitto di cui vogliamo assumerci l’onere, che cerca di connotarsi come uno scontro fra civiltà, tra eterosessuali e cittadini lgbt, tra cattolici ed atei, tra migranti e italiani, ed invece ha lo scopo di imporre un pensiero unico, un arretramento sul terreno delle conquiste sociali, e di cancellazione di ogni tipo di speranza di riscatto ed emancipazione dei differenti vissuti, identità ed orientamenti sessuali.”

Una bella idea, no?

Ne ho messo il link: il 16 giugno è in programma Romapride 2007 e quello citato qui sopra è il documento politico di lancio della manifestazione che trovate sul sito. Ed ho immediatamente sentito un gran senso di stanchezza: un’altra manifestazione e per giunta a San Giovanni?

E quand’anche saremo riusciti a sottrarre un po’ di gente alla spiaggia, magari usando lo specchietto della movida, avremo dimostrato qualcosa? Non siamo di fronte a una ricorrente ossessione dei numeri? Continuiamo a voler nascondere un fatto di cui dovremmo andar fieri: il nostro essere minoranza.

Essere minoranza è un punto di forza, non di debolezza. Non lo dico solo perché sono stanco di stare in piedi sotto il sole, di applaudire oratori che urlano la loro/mia disperazione – a proposito, questa volta niente Cecchi Paone, l’insulto, in politica, è suicidio – e la sola idea di aggiungere a questo scenario anche le froce che ballano Madonna mi fa venire l’orticaria.

Lo dico perché voi che l’avete convocata, la manifestazione, avete l’idea che si possa sparigliare col partito democratico, e indurre i Ds a venire, a mobilitare qualche pullman dall’Emilia e un po’ di apparato CGIL…

Sarebbe gran tempo di uscire da questo schema CGIL-like, dall’idea che la sinistra è il nostro centro di gravità permanente. Per affrontare il mare grande del dialogo, non con quelli che ci odiano, ma con quelli che cominciano a ignorarci.

La grande manifestazione è un ghetto che ha fatto il suo tempo, soprattutto se sarà fatta con carri, sculettamenti e la disco a tutto volume.

E’ ora di mostrare che noi siamo quei due della porta accanto, il collega vicino di scrivania, il compagno di scuola e che siamo portatori di una civiltà differente.

Non sarebbe meglio dialogare con i perplessi e i dubbiosi la cui defezione ci uccide? Non so una Lucia Annunziata, antipatica ma influente? E proporre dibattiti con psichiatri per contestare le pretese dei “trattamenti riparatori” della Chiesa, e far parlare giuristi non italiani che dicano degli orientamenti alla non discriminazione nel mondo? Perché non andate ad intervistare Sarkozy che vi ripeterà che lui non ci pensa nemmeno ad abolire i Pacs? Perché non organizzate una teleconferenza col Cardinale Martini? La battaglia non si fa dal ghetto. Si fa fuori dal ghetto parlando con quella parte di mondo che accetta il dialogo con te. Si fa spostando consenso, non urlando.

E’ ora di mostrare la nostra umanità. Non contandoci per vedere se riusciamo a pareggiare i conti con quegli altri (dubito, siamo minoranza). Ma da minoranza possiamo interrogare e muovere gli altri, nella mente e nel corpo. Ma questo è possibile solo se usciamo dalle pretese di giocare le nostre alchimie politiche con la sinistra politica.

La gayetà come professione politico burocatica ha ucciso l’umanità del corteo del 2000. Quell’umanità non c’è più, non c’è più la gente sui balconi che ci applaudiva, i ragazzi che venivano per solidarietà e contro le pretese della chiesa. Oggi c’è il gay village: ovvero il centro commerciale consumista della gayetà.

Insomma un ghetto. Di sinistra. Quello non ce lo toglie nessuno (poi viene un giorno in cui i ghetti vengono ripuliti, perché a furia di vincere, al nemico viene più fame).