La regione Toscana ha mandato un questionario agli operatori sanitari in cui a un certo punto “scende nel dettaglio”, come dice il cronista: “E allora si domanda, fra l’altro, se l’omosessualità viene ritenuta “una condizione patologica”, “una scelta della persona”, “una nevrosi su base familiare indotta”, “una variante naturale della sessualità umana” o “un’anomalia genetica recessiva”.
Ora se c’è una regione italiana che sull’omosessualità sta provando a fare un serio lavoro sul pregiudizio, quella è la Toscana. Però… Però… queste domande a cosa puntano? A capire se ce n’è, di pregiudizio, tra gli operatori e poi eventualmente combatterlo? Forse è così, ma mi rimane un retrogusto di inutilità e l’impressione di un cedimento alle guerre ideologiche dell’oggi (si è gay per nascita o per scelta?).
Non sarebbe meglio verificare nel farsi del servizio, “a valle” diciamo, l’esistenza di pregiudizi praticati? Intendo, se uno pensa che io sia un marcio corrotto e vizioso ma poi mi cura bene, chi se ne frega delle sue idee?
Ma detto questo, ce ne fossero di altre Toscane, in questo paese, anche perché è importante che l’omofobo senta la pressione istituzionale sfavorevole al suo pregiudizio.
E io poi, che ho parlato con i miei figli, faccio fatica a spiegare certe cose a un medico, quindi forse ha ragione la Toscana.