Allora qui è lo zingarello e là i compagni di scuola in un istituto per ragazzi con problemi. Stupri sempre a carico di adolescenti di una quindicina d’anni. Pian piano, in un momento in cui le ossessioni mollano la presa, i media cominciano ad accorgersi che esiste l’omosessualità fra i ragazzi. Ma è come se avessero bisogno degli occhiali da sole: quel filtro è la violenza. Che io, a distanza le centinaia di chilometri dai fatti, non mi metto qui a negare. Diciamo che faccio qualche domanda, come al solito. Sono dubbi a margine delle certezze, i miei.
Noi siamo sicuri, sì, che il ragazzo di Foggia sia stato preso e portato in un giardino pubblico e brutalizzato da un ragazzetto che ha quasi la stessa età? E’ senz’altro possibile che sia così e questo rimane lo scenario più probabile. E su Caltanissetta: ancora più probabile la violenza a carico del “disabile” che per la sua disabilità appare poco credibile e in grado di denunciare. Un classico del genere.
E tuttavia….
E tuttavia l’omosessualità non nasce a 25 anni. Bene o male, Ruini o no, la consapevolezza pubblica dell’esistenza dell’omosessualità ne ha accettato l’esistenza se si parla di adulti.
Ma quella coscienza non riesce a fare i conti con l’omosessualità giovanile perché non la sopporta, ed ha bisogno di scambiarla per violenza come deus ex machina da mettere al posto dell’indagine sulle cause. Ripeto: la violenza esiste ed è l’ipotesi più probabile nei casi di oggi e ieri. Ma chiedetevi cosa può pensare di raccontare ai genitori un ragazzino che ha prima acconsentito a un rapporto e poi si trova deluso, impaurito, pieno di dolore e che per questo viene scoperto e messo alle strette?
Come pensare che non darà ai genitori la versione che lo scagiona e lo libera da ogni responsabilità?
I genitori, in fin dei conti, possiamo capirli, se non giustificarli. La prima scoperta è traumatica e comunque l’idea che qualcuno abbia abusato di nostro figlio indifeso è la più spontanea, anche se potrebbe essere sbagliata, delle reazioni che puoi avere.
Noi a nostra volta – come coscienza pubblica, media, scuole, gente “normale” – facciamo la stessa cosa: rendiamo innocente ciò che non lo è perché così possiamo assolverlo, perché così possiamo continuare a credere che, senza un intervento esterno che porta l’infezione, tutto sarebbe andato bene, perché noi siamo puri e a posto. E’ più facile, raccontare di un bene violato dal male.
E invece le cose sono sempre più complicate di come appaiono e soprattutto di quanto può raccontarle un dispaccio d’agenzia o un servizio di telegiornale. Ma che dico? Questo è un paese dove sulla sessualità umana sta calando la censura di fatto del pensiero unico cattolico, dove l’unico modello “pulito” è quello eterosessuale e di coppia, e io mi chiedo se sia possibile rappresentare la complessità della vita umana e del desiderio, magari quando in mezzo c’entra pure la violenza a complicare le cose?
Sarebbe come chiedersi se un claustrofobico sceglierà mai di farsi una notte chiuso in ascensore. Eppure gli ascensori si fermano, a volte perché noi tocchiamo il tasto sbagliato.