Lo dico perché l’ho fatto

agosto 31, 2007

Forse non ci siamo capiti, forse non mi sono spiegato. Non ho scritto, nel post precedente, che fanno bene a Vicenza a chiudere lo spazio di battuage. Lo vedo con i miei occhi che questo è ormai un paese feroce, che non vuole vedere niente, nessuna miseria, nessun “problema”: nemmeno il lavavetro, nemmeno il mendicante, nemmeno lo studente che piscia dopo una birra. Un paese di pazzi che parlano di pulizia etnica e di figli di puttana che dicono che “la sicurezza non ha colore”.

E’ un paese strabico, che ha bisogno di una legge perché i professori abbiano la forza di far spegnere un cellulare a scuola, pensa te. Figuriamoci che fine fanno in tutto questo i froci a zonzo.

Ho detto, e penso, che il movimento gay consapevolmente organizzato deve lanciare alla parte più inconsapevole, più cieca, più disperata di noi (magari perché sposata) un messaggio molto preciso: che è ora di alzare la testa – in tutti i sensi e da ogni attività – e smettere di fare ciò che ci rende vittime designate, del primo ladro che passa e del primo carabiniere zelante. Non c’è bisogno di rovinarsi, per essere ciò che si è.

Lo dico perché l’ho fatto, e so quanta negazione di sé e della propria dignità c’è in quell’abbassare la testa.

21 Risposte to “Lo dico perché l’ho fatto”


  1. Su questo non ti seguo, Trimanda. A parte che sono d’accordo con Finocchio quando dice nei commenti al tuo post precedente che i diritti non dovrebbero esserci accordati perché ci comportiamo meglio degli eterosessuali (di cui non sono pochi quelli che trombano allegramente all’aperto), e che i muri non risolvono assolutamente nulla e servono soltanto non a non far vedere quello che avviene, vorrei anche ricordare che in Italia siamo l’unico Paese – per quanto mi risulta – in cui devi pagare una tessera annuale per poter entrare in un locale gay, e che è proprio il “movimento gay” (o meglio, una sua componente piuttosto cospicua) a intascarsi i soldi di queste tessere obbligatorie. L’Arcigay sostiene che con la tessera – e con i locali del circuito che diventano circoli “culturali” – agli avventori che fanno sesso fra di loro è garantita una maggior sicurezza personale (tralasciando elegantemente di sottolineare che in questo modo i gestori pagano anche molte meno tasse). Anche per questo, mi pare piuttosto improbabile che il movimento gay faccia alcunché per scongiurare il battuage all’aperto: anzi, ha parecchi interessi perché rimanga così com’è, con il brivido del rischio da contrapporre alla “sicurezza” dei locali per soli tesserati.

  2. trimanda Says:

    Eh ma siamo d’accordo. Lucrano sul combinato disposto di abbrutimento e repressione.

  3. FireMan Says:

    no, non capisco, pensi davvero che se il movimento suggerisse di non frequentare posti di battuage tutti i gay troverebbero il coraggiodi uscire all’apertto e dichiararsi?
    vedi che è un sogno… e poi i posti di battuage sono frequentati da tanti che sono già visibili quindi…

  4. trimanda Says:

    Io penso che le battaglie si facciano a partire dalla realtà, dalle realtà.
    Oggi si fanno kiss in davanti ai comuni dei sindaci di destra, poi il sindaco scende fra i manifestanti, chiarisce, offre il caffè. La pagliacciata finisce e siamo tutti più omofobi di prima.
    Penso che il movimento dovrebbe avere il coraggio di riconoscere come una parte del problema che rappresenta anche questo problema.

  5. tato Says:

    senza contare che di fatto la tessera è una schedatura e quei dati qualcuno li usa, tranquillo
    una sera alla salara a bologna ho mostrato la tessera per entrare ma diffidato dallo strisciarla, perchè è un atto che va contro i dettami legali che difendono la mia privacy del non voler fare sapere dove ero a quell’ora, nè all’arcigay nè alle figlie di maria


  6. Questione della tessera a parte, però (anche se penso che in generale se ne discuta troppo poco), non sono proprio convinto della battaglia in sè. Ribadisco: non è che dovremmo incominciare a comportarci bene perché ci vengano accordati dei diritti. Sono dei diritti civili, punto: ci spettano tanto quanto alle coppie etero, che ne godono già da molto tempo. E d’altra parte non sono pochi gli etero sposati o accoppiati che si fanno spompinare allegramente in auto o che si scambiano il/la partner in luoghi appositi nemmeno troppo appartati. Forse ho un atteggiamento sin troppo tollerante verso il battuage, ma la pretesa della sua rimozione mi pare un eccesso di moralismo, ecco.

  7. trimanda Says:

    Scusate se intervengo così spesso, ma devo essere stato particolarmente infelice in questi due post.
    La mia tesi è che ci sia un attacco non solo omofonico ma anche “urbanisticamente” ignorante (qui qualcuno fra i commentatori potrebbe soccorrere).
    Ma la mia vecchia formazione politicia mi porta a ragionare in questi termini: che l’attacco al battuage è in realtà un attacco alla visibilità dell’omosessualità e che la pratica non di rimorchiare ma di far sesso in un posto dove la gente ti vede mi indeblosice sul piano politico.
    Di conseguenza posso comportarmi in due modi: o ignorare l’attacco che è rivolto a me, in quanto soggetto omosessuale, ma è la tattica dello struzzo. Oppure posso far mio il tema e dire, per esempio, che la pratica del battuage è legittima, perché esprime una forma dell’essere omosessuali (così come esser altro, ovvio, come dice paolo colonna) ma che a questa vanno garantite luoghi e spazi perché la città è di tutti, anche di chi fa sesso nell’ombra. Ma nell’ombra, non davanti ai ragazzini che stanno alla finestra.
    In questo senso, poiché in politica devi assumere le ragioni dell’altro per andare avanti, io non trovo pazzesco il muro: solo politicamente sbagliato e feroce.
    Ma voi ce lo vedete un movimento così corrivo e desideroso di godere di spazio mediatico fare un discorso così “radicale” ? E dico radiclae nel senso di Pannella, perché sto pensando a tutto il discorso sull’antiproibizionismo e alle narcosalas e ai parchi di Zurigo


  8. Però Trimanda, ancora non capisco perché secondo te la comunità gay italiana (sempre ammettendo che in Italia ne esista una, o anche un movimento) dovrebbe improvvisamente porsi il problema del battuage, perché “ci indebolisce sul piano politico”. Mi pare che si pratichi il battuage da decenni (secoli?) più o meno ovunque, e senza tirare in ballo Orton o Genet ti pongo allora un quesito: perché si continua a battere fra i cespugli dei parchi più o meno indisturbati non solo a Vicenza o a Milano, ma a Londra, a Parigi, a New York (dove neppure Giuliani è riuscito a debellare il battuage), ovvero anche in quei Paesi più evoluti del nostro dove i gay godono già da anni di quei diritti che qui continuiano a sognare? Perché le altre comunità gay – prima di ottenere quei diritti – non si sono affatto poste il problema del battuage? Perché dovremmo tenerci il pisello nei pantaloni più dei nostri simili inglesi, francesi, o olandesi? O dei nostri connazionali etero? Non è un falso problema? Oppure – ipotesi un po’ più allarmante – il tuo è un improvviso desiderio di rimuovere un comportamento nel quale tu personalmente non ti riconosci, ma che è da sempre legato a doppio filo con la stessa (sotto?)cultura gay, che di per sé è fortemente sessualizzata? Vogliamo giustificare i muri per nascondere i froci con le braghe calate però chiudere un occhio sulla fila di macchine davanti alle puttane con la topa di fuori a due passi dai centri storici, perché tanto loro non costituiscono un potenziale problema politico per la nostra causa? Noi gay non siamo tutti felicemente accoppiati, serenamente monogami, o moralmente ineccepibili anche se ormai ci siamo fatti una ragione del fatto che ci piace l’uccello. Esattamente come i maschi etero, spesso pensiamo più con gli ormoni che con i neuroni: perché dovremmo rigare dritto più di loro, o anche pretendere che la nostra comunità scoraggi la pratica del battuage all’aperto? In alternativa, piuttosto, io chiederei al nostro movimento di abolire la tessera per i locali: basterebbe questo a convincere molti omosessuali a fare sesso al chiuso in una sauna o in una darkroom invece che in un parco all’aperto, con molti meno rischi per la propria incolumità. Ma l’Arcigay non ha nessuna intenzione di rinunciare ai soldi delle tessere Uno, anzi a sentir loro senza quelle verrebbe a mancare la sicurezza anche nei locali. Eppure all’estero entri in un locale gay ovunque senza alcuna tessera, senza dover lasciare i tuoi dati personali, e senza dover scucire altri soldi oltre a quelli richiesti per ingresso e consumazioni.

  9. l'amica laica (ex di una volta) Says:

    l’amica qui non attacca una pippa, perchè è tardi e domani si deve svegliare presto. Se avesse più tempo, proverebbe a ragionare sul fatto che nelle “buone città” le zone d’ombra ci sono, e ci sono dei patti taciti (e intuitivi) fra chi le frequenta e che le evita. Invece non ci sono muri.
    E secondo me va bene così.
    Nelle nostre città, però, mi pare ci sia una generale tedenza a farle diventare tutte luce (magari con delle sacche tutte ombra, ufficialmente non esistenti e cmq invisibili per il popolo della luce che quindi non possono che essere ghetti, pericolosissimi).

    Trimanda, non ti incazzare: ho capito che cosa vuoi dire, però forse non è giusto ragionare “politicamente” su questa cosa, perchè poi sei costretto a cedere su troppe cose: dai diritti alla (sotto)cultura.

    In fondo, scusate, ma anche la storia delle tessere (che effettivamente fa un po’ uno schifo) è probabilmente il prodotto di un pensiero “politico”, per cui uno è arci, prima che arcigay.
    Mi spiegate cosa impedisce a quegli “imprenditori” (tasse a parte) di aprire dei normali locali come quelli di cui parla Paolo Colonna?

  10. Sarah Schuster Says:

    Non mi sembra molto salubre definire la questione dei battuage un falso problema per motivi di tradizione, perchè così fan tutti e perchè gli ormoni: io credo nella civilizzazione e nella ragione. I battuage sono degradanti per le persone che li frequentano e sgradevoli per gli altri. Mettiamocelo in testa: sono luoghi in cui l’eccitazione è intrecciata morbosamente col pericolo; ogni tanto ci scappa il morto, lo sappiamo tutti. Per questo il movimento gay dovrebbe apertamente scoraggiarli: sia per un motivo interno – la sicurezza e la promozione di luoghi di aggregazione più sani, in ogni senso, anche economico – e per motivi esterni – un’immagine positiva e visibile della comunità.

  11. trimanda Says:

    Io ci rinuncio.

    Se titolo “Lo dico perché l’ho fatto” e Paolo scrive quello che io voglio abolire il battuage, signifca che il torto è dalla mia parte.

    Io continuo a dire che bisogna assumersi il problema, e voi rispondete che io voglio reprimere.

    Pure tu, amica laica, e urbanista ideologica: ma li leggete i giornali? Le avete lette le dichiarazioni del sindaco di Firenze?
    Non vi provoca una crisi di disgusto veder arrivare questi temi e queste misure da un sindaco di sinistra? Cge differenza c’è fra Treviso e Firenze? NESSUNA.

    Vi farebbe così schifo un movimento gasy che dicesse ai sindaci della morale: scusate, battere è un “fatto legittimo”, ci dite dove pensate che lo si possa fare in pace? Posto che gli altri hanno il loro, di diritto, di non vedere gente in attività per la strada (pensare due pensieri fra loro contraddittori, secondo me ci vorrebbe questa capacità).

    Va be stasera vado a battere, per festeggiare la non comunicazione.

  12. melona Says:

    cara sarah, non mi dilungo con commenti su quanto sia fuori luogo il tuo post perché farebbe perdere troppo il filo di una discussione altrimenti molto interessante.

    Paolo, in altri paesi non ci saranno tesseramenti così capillari della popolazione gay come in Italia, ma non credere che per questo i battuage all’aperto di parchi o riunchiusi nei cessi di una stazione della metro siano meno frequentati. Nononstante le riflessioni condivisibili sull’imprenditorialità di molte tessere UNO non riesco proprio a capire il nesso con la popolarità di luoghi di cruising all’aperto. Fra l’altro, non pensi che i bacini di utenza per bunao parte non coincidano proprio?

    Vi segnalo un episodio analogo successo qui a Francoforte qualche anno fa. Anche qui il solerte comune ha cercato di mettere un po’ “d’ordine” in un angolo di parco noto per il battuage del dopo-tramonto ripulendolo di molti alberi e cespugli. La speranza era: se quei froci non riescono più a nascondersi o infrattarsi come si deve la smetteranno di abusare degli spazi verdi. Ovviamente così non è stato e le speranze sono state disattese. Dopo un’azione di protesta del gruppo gay di rimboschimento simbolico, l’angolo è stato riallestito e i cespugli salveranno gli uomini indaffarati dalle occhiate sensibili di passanti sprovveduti. Non riesco a capire: perché mai il battuage dovrebbe essere denigratorio per l’immagine dei gay tutti? Perché mai dovrebbe essere denigratorio e basta? La mia omosessualità viene riabilitata soltanto nel momento in cui la metto in pratica tra le quattro mura di casa mia, possibilmente in camera da letto e in relazione monogamica? Onestamente, sbattimento per sbattimento, tanto vale mirare un po’ più in alto.


  13. Trimanda, veramente nell’ultimo commento la domanda che ti facevo era: perché vorresti che la comunità gay italiana affontasse il “problema” del battuage, quando non è considerato un problema da nessuna parte? Ho capito che non lo vorresti abolire, ma continuo a non capire perché lo consideri un problema.

    Amica laica: agli imprenditori dei locali la tessera Uno conviene eccome. Non lo ammettono volentieri, ma facendo passare il locale per “circolo culturale” pagano molte meno tasse.

    Sarah: il battuage non è più degradante dell’andare a puttane, e costa meno che andare in una sauna. Ci sono dei rischi personali, ovvio, ma santo cielo, siamo adulti. Se uno ci vuole andare, cavoli suoi: si assume le responsabilità della sua scelta. Non sono d’accordo con Trimanda che lo considera un problema, e non capisco perché pretendere che il movimento gay si mobiliti: per cosa, poi? Cosa suggerite che faccia, se non cercare di scoraggiarlo?

    In più in Italia ci sono anche interessi economici in ballo, per cui al nostro movimento tutto sommato conviene che il battuage all’aperto continui ad esistere. Personalmente considero l’anomalia tutta italiana del tesseramento dei locali molto più vergognosa del battuage, che invece esiste ovunque.


  14. Ho dimenticato di rispondere a Melona: il nesso del tesseramento con i luoghi di cruising? Hai mai chiesto a qualcuno dell’Arcigay come giustificano la tessera obbligatoria nei locali gay italiani? Secondo loro, hai più garanzie di sicurezza a fare sesso in un locale riservato ai soli tesserati rispetto a quelli dove potrebbe entrare chiunque. In realtà, credo che sia solo un tentativo di mascherare quelli che sono puri interessi economici, e dell’Arcigay e dei gestori dei locali. È vero che fino a pochi anni fa ogni tanto le forze dell’ordine facevano le retate nelle saune, ma credo che se volessero farle le farebbero comunque, tessera o meno.
    E ribadisco: come mai allora negli altri Paesi si entra in un locale gay senza bisogno di nessuna tessera?
    Non vorrei però con questo discorso (che ho tirato in ballo proprio io) fare andare off topic il post di Trimanda: probabilmente battuage e tesseramento meritano due discussioni separate.

  15. finO Says:

    Mi spiace che questa discussione sia partita dal caso Vicenza, dove non è in questione il battuage (Gentilini neanche capirebbe i nostri distinguo) ma una pura spettacolarizzazione dell’omofobia. A questo e solo a questo è servito parlare del muro: non credo assolutamente che se la polizia passa due sera la settimana in un parcheggio (il quale poi sarebbe frequentato soprattutto da velate benché panoramico come neanche il panopticon), il giro possa resistere. Che ci siano forze politiche fiduciose di conquistare voti urlando nel modo più politicamente scorretto ed evocando simboli molto eloquenti (il muro) la propria omofobia è il vero problema. Il giudizio sul battuage, scusatemi, è una nostra questione interna. Lì fuori invece qualcuno sta preparando il terreno per dei pogrom, non credete?

    Ma discutiamone pure, anche se questi argomenti io li sento e li risento da almeno 10 anni uguali, dalla polemica lanciata da Mario Fortunato su saune e dark room come luoghi di propagazione del virus. Mi verrebbe da definirla questione interna anche nel senso che sembra mettere in conflitto parti di noi stessi. Non riesco a prescindere dall’evidenza che il disgusto per il il sesso anonimo dei battuage che molti gay provano e rovesciano su chi vi si dedica è spesso il prezzo dell’accettazione di sé (ok mi piacciono i maschi ma mi fanno schifo i postacci). L’invito al movimento di farsi carico di comportamenti che “ci danneggiano” mi sembra maledettamente simile alla richiesta di fare Pride in giacca e cravatta, senza tette fuori e carnevalate. Anche quelle, ci viene detto continuamente, ci danneggiano. Condivido ogni virgola di Paolo Colonna, compreso l’invito a dividere la questione tesseramento.

  16. leny Says:

    molto interessante questa discussione. Credo però che ci siano alcuni equivoci di fondo: in linea di principio per me, battuage, luoghi all’aperto ecc. più che rappresentare i gay rappresentano quelli che li praticano. Per i quali esiste il codice penale quando si ritiene che offendano qualcuno. Non credo però, che questa pratica sia così rappresentativa del mondo gay, al punto da chiedersi se sia utile un “richiamo” (?) “Invito” (?) da parte di quello che si ritiene essere rappresentativo di un movimento, e che è invece un’associazione “partitocratica” e “clientelare” come altre. A me personalmente non mi rappresenta per niente. E in questo senso nonostante io abbia la tessera UNO, (per necessità) condivido tutte le affermazioni di P. Colonna.
    Quando l’essere persona gay, non sarà considerato essere persona di serie “B”, prima di tutto da noi, il problema per il quale uno va a battere in pubblico o meno, oppure va in sauna, oppure ha una felice vita a due, ecc. ecc. ,sarà questione individuale, personale, e soprattutto non rappresentativa di quella che continuiamo a definire “comunità gay”, senza mai però renderci conto fino in fondo, che la preferenza sessuale in teoria non basterebbe a definirla tale.
    Non credo neanche al fatto, che come dice Trimanda, la questione sia politicamente paragonabile ad una circostanza di proibizionismo e antiproibizionismo, del tipo Zurigo ecc. La droga fa male infatti, il sesso no. (Malattie a parte ovviamente).

  17. l'amica di un tempo Says:

    Trimanda,
    ma proprio perchè mi fa schifo…

    poi, non so entrare del tutto nel merito, non so quanto il battuage o una serie di pratiche molto trasgressive e pericolose siano parte di una (sotto)cultura gay.

    Quello che so, da etero, donna, abbastanza pazza, è che la trasgressione un po’ (o anche molto) “porca” esiste anche dalle mie parti. E per me può piacere o non piacere (o perfino tutt’e due secondo i casi e i momenti), ma resta un fatto privato, almeno fino a che non c’è nessuno costretto a pratiche che non gradisce (ovviamente, ma in questo ultimo caso non c’è bisogno di nessuna nuova regola del gioco).

    Poi tu dici che qualcuno si offende anche solo a vedere? E che la comunità /il movimento gay deve farsene carico onde evitare che qualcun altro proponga (con grande successo) i muri?

    Che ti devo dire: mi sento un po’ un’intrusa, ma in linea di max non riesco a essere troppo d’accordo.
    Nel mondo (nella città) che piace a me, ci sono una specie di patti, neppure troppo detti, ma abbastanza chiari. Schematizzo un po, ma per capirci, cose del tipo: voi trasgressivi fate un po’ come vi pare (voi trasgressivi tutti, non solo voi gay che vi piace battere), ma per favore non fatelo proprio sotto il lampione di casa mia, e io non passo con i bambini nel boschetto alle undici di sera, o se proprio devo ci passerò in modo light, senza stare a guardare attentamente a ds e sn …

    Insomma, ci sono due diritti in conflitto, e allora non c’è un cazzo da fare se non trovare un qualche accordo che garantisca la libertà di tutte le parti. E ho la sensazione che se riconosciamo a qualcuno l’autorità di dettare le regole “legali” di convivenza urbana, i muri vincono alla grande, e non solo nel caso dei gay.

    Però può certamente essere che mi sbaglio, o che sono troppo astratta e un po’ ideologica (vabbè, in fondo non mi offendo mica a essere un po’ ideologica, visti i tempi che corrono)…

  18. constas Says:

    Muri a parte (sono anch’io del parere che la città sia di tutti ma il muro di Vicenza è appunto una spettacolarizzazione dell’omofobia e in funzione del suo esatto contrario) mi trovo in perfetta sintonia con quanto scrive Aldo Busi, scusate l’off topic:

    “Per mia esperienza di individuo sensoriale e di cittadino erariale, ho notato che dove esiste l’intrinseco caos delle passioni intime impera l’estrinseco caos delle istituzioni nazionali, mentre dove esiste un ordine dei sentimenti esiste l’ordine sociale, e esiste ordine sociale e vero amore fra gli individui là dove esiste un sistema di prostituzione e di pornografia istituzionalizzati, seppure in imprese di sfruttamento private. Il tedesco e l’olandese e il francese e l’americano e lo spagnolo che ventiquattro ore su ventiquattro possono uscire a qualsiasi ora del giorno e della notte per farsi fare un pompino vuoi a pagamento vuoi gratis vuoi invece facendolo entro una struttura edilizia predisposta alla bisogna con tanto di cassa all’entrata, molto difficilmente, se decidono di mettersi stabilmente con una donna o con un uomo, lo fanno per momentanee ragioni di idraulica sessuale, e chi se ne giova è l’organizzazione non solo della famiglia ma dell’intero Stato. Chi per cattiva amministrazione pubblica (che non permette i casini e i locali di scambio coppie e i locali gay) scambia i suoi sentimentalismi del cazzo con il sentimento del cuore, scambierà la voglia di sfogo per un anelito d’altare a due. Dove tutta la pletora dell’emozionalità è illimitata perchè lasciata in balia dell’individuo schiacciato da strutture sociali repressive e tabuizzate, libero solo d’amare normativamente “per tutta la vita” e mai di sfogarsi fisiologicamente cinque minuti, tutta l’emozionalità è in effetti sotto stretto controllo burocratico, e di solito nella peggiore delle maniere, perchè la massa beota fa ricorso al “proibito” e fuorilegge mille volte di più che se fosse lecito e legalizzato. E’ l’unico modo che essa ha per far vedere che non ci sta e che si ribella: standoci e ubbidendo.”

    Aldo Busi, “Per un’Apocalisse più svelta”, Bompiani

  19. Sarah Schuster Says:

    Melona, non mi pare si stia parlando di maioliche, quindi non mi sento affatto fuori luogo.
    La critica non è tanto rivolta ai battuage , ma all’atteggiamento che i gerarchi del movimento gay hanno a riguardo.
    Mi rendo conto che è rischioso, fatale quasi, toccare argomenti che coincidono con la libertà individuale, ma qui stiamo parlando di collettività. Ognuno è libero di zompettare nel buio dei boschetti del mondo, nei limiti del diritto, ma il movimento gay dovrebbe comunque scoraggiare questo comportamento perchè non ha nessun effetto positivo per la comunità, mentre ne ha diversi negativi. E non si tratta semplicisticamente di fare i bravi bambini o andare al gay pride giaccacravatta: questo è risolvere un problema facendo l’opposto, in modo ottuso. Si tratta di riconoscere un fenomeno – il sesso – e promuovere la sua dimensione ottimale – locali appositi, dove è possibile anche essere informati ma soprattutto protetti, sia dai pericoli fisici, che dagli attacchi omofobi di chi non aspetta altro che l’occasione buona per mettersi in mezzo e puntare il dito contro tutta la comunità.
    Non so, ma a me, essere insultato da questi farabutti con la fascia tricolore perchè non si riesce proprio a dormire senza farsi fare un pompino sotto un cielo di stelle, fa un po’ incazzare, ecco.

  20. tato Says:

    voto leny!
    ammiro l’intelligenza di Busi, un po’ meno il suo gusto smodato per il paradosso barocco

  21. tricotea Says:

    Discussione molto interessante.

    Innanzitutto secondo me la comunità gay italiana dovrebbe sforzarsi, ma davvero tanto, di essere più solidale al suo interno. Se questo auspicio vi tira fuori delle risate sarcastiche ciò è comprensibile, ma vi prego di fare uno sforzo: ritengo che sia davvero importantissimo anche politicamente capirci ed essere meno severi fra di noi e più con i nostri nemici, i quali non hanno NESSUNA giustificazione per la loro omofobia.
    Secondo me il cruising all’aperto è più che legittimo e niente affatto degradante, e di fronte a sindaci che lo censurano dobbiamo difenderlo (ok, non davanti ai bambini. Ma chi è che si spompina davanti ai bambini??)
    Innanzitutto, porca miseria, la prima risposta da dare è questa: i maschi etero cercano le prostitute, noi uno scambio paritario. Non voglio iniziare una discussione sulla prostituzione, ma moltissime prostitute sulle nostre strade sono straniere ricattate e COSTRETTE a farlo, contro la loro volontà, e spesso anche stuprate dai loro clienti. Anche chi non le stupra, non si va certo ad accertare che la ragazza sia lì di sua volontà, perché non gliene frega niente, ammesso che riesca a concepire il problema.
    Allora, di fronte a noi gay che invece cerchiamo sesso in un cruising in una situazione di scambio paritario, questi maschi etero devono solo sciacquarsi la bocca prima di parlare con noi.

    Negli anni settanta (io sono del ’72, dunque non parlo per esperienza diretta) si voleva abbattere il patriarcato, la famiglia tradizionale (eterosessuale), mettere in discussione i rapporti tra uomo e donna. Oggi queste parole d’ordine sono tacciate di essere fuori moda, ma la parità tra donne e uomini, anche nella coppia, è ben lungi dall’essere raggiunta. C’è anzi un ritorno di clericalismo, maschilismo e idee reazionarie sulle donne e sulla coppia che non trovano nella società italiana attuale gli anticorpi necessari per difendersi e reagire.
    Tutto questo per dire che noi gay stiamo forse un po’ troppo sulla difensiva quando siamo attaccati: dovremmo prendere la parola e nominare le ingiustizie e le nefandezze della società eterosessuale per quello che è. Senza fare generalizzazioni, naturalmente.
    Ma per esempio il settimanale ‘diario’ fece ad ottobre 2006 un interessantissimo quanto raccapricciante numero monografico sullo stupro, mostrando quanto questa violenza maschile sia una costante a tutte le latitudini, in tutte le culture e in tutti gli strati sociali. Vogliamo parlarne? Vi sembra lontanamente accettabile tutto ciò?

    Insomma, qui stiamo a discutere se due uomini gay consenzienti abbiano il diritto di spompinarsi in un cesso pubblico, quando la sopraffazione violenta dei maschi etero su donne e bambine è all’ordine del giorno. Forse è il caso di spostare il discorso pubblico sui veri problemi della nostra società, non credete?

    Scusate la lunghezza.
    Ciao,
    Luca


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